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La caduta del vecchio regime reazionario siriano è stato un evento storico che ha aperto una nuova era dal destino incerto.
Di Ruben Tzanoff
Le province siriane di Latakia e Tartous sono state teatro di gravi violenze nell’ultima settimana. Diverse fonti hanno riportato la morte di 1.311 persone, 830 delle quali civili, per mano delle forze che rispondono al cosiddetto Governo di Salvezza Nazionale Siriano. A queste cifre si aggiungono 481 combattenti tra le milizie governative e quelle fedeli all’ex regime. Il portavoce del Ministero della Difesa, Hasan Abdel Gani, ha dichiarato domenica 9 marzo che le forze di sicurezza hanno ripreso il controllo della regione.
Uccisione di civili
I residenti di Jableh, Baniyas e altri villaggi hanno riferito che i civili alawi sono stati uccisi negli assalti, con città bruciate e saccheggiate, esecuzioni e umiliazioni filmate e condivise online dai soldati governativi. Alcuni civili sono fuggiti sulle montagne e altri hanno tentato di attraversare il confine con il Libano per cercare rifugio. La minoranza alawita rappresenta il 10% della popolazione siriana ed era quella a cui apparteneva il deposto al-Assad. L’uccisione ha scatenato proteste a Damasco che sono state interrotte da contro-dimostrazioni e disperse dalla polizia.
Credibilità in gioco
Da quando è salito al potere, Ahmed Hussein al-Sharaa (HTS – Organizzazione per la Liberazione del Levante) ha promesso di rispettare le minoranze etniche, cosa che le accuse di uccisione di civili alawi hanno messo pesantemente in discussione.
Minacce e interessi regionali
Nel sud, i drusi di Sueida hanno avvertito della possibilità di incursioni simili nel loro territorio, al che il genocida Israele ha giurato di “proteggere le popolazioni druse dal governo islamista di Damasco”. E la Russia, alleata dell’ex regime, ha espresso preoccupazione per la sua base navale a Tartous, avvertendo dei rischi regionali di violenza.
I curdi firmano un accordo di pace e si uniscono alla Siria
In uno sviluppo storico, i curdi siriani sostenuti dagli Stati Uniti hanno firmato un accordo di pace con il governo provvisorio di Al Sharaa, filo-turco, che prevede l’incorporazione delle istituzioni civili e militari nello Stato siriano e il rispetto dei diritti dei curdi con una certa autonomia. Il leader delle Forze Democratiche Siriane (SDF) curde, Mazloum Abdi, ha dichiarato: “Siamo determinati a costruire un futuro migliore che garantisca i diritti di tutti i siriani.
In previsione dell’accordo, il fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) Abdullah Öcalan – imprigionato dal 1999 su un’isola turca – aveva espresso la disponibilità dell’organizzazione guerrigliera curda a deporre le armi a condizione che il governo turco rispettasse l’autonomia delle regioni curde.
Un’alternativa rivoluzionaria e socialista
I crimini e le violazioni dei diritti umani del vecchio e del nuovo regime devono essere indagati in modo trasparente e i responsabili materiali e politici devono essere puniti.
I lavoratori e il popolo siriano hanno il diritto di discutere e decidere il proprio destino politico, democratico e sociale, per cui è urgente convocare un’Assemblea Costituente per riorganizzare il Paese su nuove basi.
Nella transizione, l’attuale regime islamista sta attuando una politica accondiscendente nei confronti delle varie espressioni del capitalismo imperialista e delle ideologie reazionarie.
Alla luce di ciò, il raggruppamento dei socialisti rivoluzionari siriani è essenziale, al fine di elaborare un programma transitorio, anticapitalista, con politiche che rispondano ai bisogni immediati, per realizzare azioni comuni, per postulare una Siria socialista e una Federazione socialista del Medio Oriente.




